Le
imprese internazionali nate nei paesi ricchi del nord del mondo sono la
punta di quello che da un secolo le classi oppresse di tutto il mondo
conoscono come imperialismo. Nell'imperialismo non dominano le idee o le
persone, le nazioni o l'aristocrazia, il popolo o i parlamenti.
Nell'imperialismo dominano i grossi gruppi multinazionali supportati da
governi compiacenti (più o meno tirannici) che loro stessi sorreggono e
fanno nascere. Il risultato di questo sistema mondiale da un secolo è
sempre lo stesso: Dall'Asia alle
Americhe milioni di persone muoiono per fame
La prostituzione
minorile attanaglia tutte le periferie del globo
Centinaia di
milioni di persone sono sradicate dalla loro terra e costrette alla
clandestinità
Milioni di
lavoratori disoccupati nell'Europa orientale e in quella occidentale
Sistematica
distruzione dell'eco-sistema del pianeta
Negazione dei
diritti economici, umani, civili e di autodeterminazione in tutto il
mondo
La libertà
esiste soltanto per le aziende e le banche transnazionali. Il denaro che
queste imprese accumulano oltrepassa le ricchezze di interi paesi. Agli
sfruttati di tutto il mondo non rimane che dividersi il 20% del prodotto
mondiale mentre tutto il resto rimane impigliato nelle tasche di questa
nuova aristocrazia. Non vi è governo né comunità che possa sfuggire a
questa morsa senza vedersi affibbiare dalla stampa di tutto il mondo
l'etichetta di terrorista. Quasi tutta la stampa infatti appartiene a
questa stessa elite, così come la produzione e il monopolio della
coercizione.
L'impero ha un
suo esercito, la NATO, un organismo politico di facciata dall'apparenza
semi-democratica, l'ONU, strumenti di controllo economico reali quali la
Banca Mondiale e il Fondo Monetario internazionale.
L'efficenza
straordinaria con cui questi strumenti operano, impone all'umanità quei
sentimenti di angoscia e fatalità che sfociano nella rassegnazione ed
accettazione un modello di sviluppo riservato a pochi privilegiati che
accettando il principio della competitività lasciando a tutti gli altri
una desolante realtà di povertà e di miseria. L'imperialismo, seppur
dotato di strumenti così efficienti conserva, camuffandolo abilmente,
il vecchio sistema economico, fondato sullo sfruttamento dell'uomo
sull'uomo e sull'antagonismo tra le classi.
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Il
premier laburista inglese si vanta pubblicamente di poter incontrare il
sig. Bill Gates, la cui ricchezza personale supera quella di molti
paesi. Le nazioni stesse così come le abbiamo conosciute stanno infatti
lentamente svuotandosi di ogni legame con la realtà produttiva, quella
realtà che lo stesso grande capitale chiama economia globalizzata.
Anche
qui, in occidente, cuore di questo sistema imperiale, alcuni diritti che
le classi oppresse davano per acquisiti vengono oggi messi in
discussione. Tali diritti nascevano dalla lotta delle classi oppresse e
dalla simultanea volontà dei potenti della terra di distribuire qui una
infima parte delle loro ricchezze per tenere la rivoluzione lontana da
queste zone strategiche per i loro interessi. I padroni della
terra chiamano questa serrata neo-liberìsmo. In occidente il
nuovo liberismo dovrebbe essere per lorsignori un ritorno alle
condizioni dello sfruttamento puro, la faccia nascosta della lotta
intestina tra questi stessi gruppi multinazionali, una lotta che si
esercita schiacciando i diritti del proprio salariato per aumentare la
competitività. Sia in Occidente che nel resto del mondo sono sempre
più evidenti i segni del disfacimento sociale risultato delle politiche
di super-sfruttamento e di saccheggio dei lavoratori e delle materie
prime. Il sistema di accumulazione e concentramento di ricchezza in
pochissime mani conduce anche ad un allargamento della corruzione e
della criminalità tra le classi e tra i gruppi dirigenti dei vari
paesi, con il risultato di accellerare il processo di imbarbarimento
delle società.
Il neo liberismo
stà così lentamente rimpicciolendo il mondo riducendo di anno in anno
le differenze tra il più sperduto dei campesinos e un operaio della
periferia torinese; entrambi oggi non possono mandare i figli
all'università, entrambi non hanno diritto all'ospedale gratuito,
entrambi possono essere licenziati senza motivo, entrambi dovranno
sopravvivere con pensioni da fame o inesistenti. Il deserto sociale
creato dal neoliberismo anche in occidente ci fa intravedere quello che
la foresta dello stato sociale aveva oscurato, l'inumanità di fondo del
capitalismo.
Il capitalismo
ha un nucleo meccanico senza alternative, o lascia 4/5 del mondo alla
miseria (come in questi cinquant'anni) o impone una equa distribuzione
della miseria nel pianeta (come sta avvenendo), il diritto di opzione al
suo interno si limita a questo. Il capitalismo non sa creare ricchezza
senza diffondere miseria, il suo DNA ne è pregno, è la base stessa del
suo meccanismo di creazione di
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ricchezza.
Il capitalismo nega la umanità, la cultura libera, la differenza, il
tempo di riflessione, la democrazia popolare, la poesia, l'intelletto e
la felicità, costringendo l'uomo e la donna nel cappio delle merci, al
fine di alienare la persona agli oggetti, agli strumenti, perché sugli
oggetti e non sulla persona esso basa la sua vita, la sua accumulazione.
Ma il deserto
del capitalismo ci consente di vedere anche i bagliori di un nuovo
mondo. Le lotte rivoluzionarie del sud del mondo risultano oggi più
comprensibili in ogni angolo della terra, stanno sfondando le porte del
primo mondo, le stanno sfondando dall'interno, dai ghetti, e
dall'esterno, col loro esempio.
Un fronte
internazionale delle classi oppresse sta per nascere in opposizione
all'internazionale dello sfruttamento, al neoliberismo.
Le classi povere
del terzo mondo divengono centrali nella lotta rivoluzionaria per il
semplice fatto che il capitalismo lì non ha mai allentato le sue
cinghie. Le classi oppresse dall'America latina all'Africa, dall'Asia
alla Corea, conoscono la sua natura da sempre e hanno accumulato
conoscenze e metodi di lotta, analisi e organizzazioni che dobbiamo
capire e contestualizzare oggi che il vero volto del capitalismo si
riaffaccia tra le nostre nuvole. Per fare questo è necessario
liberarci dell'euro-centrismo di cui siamo pervasi e porci di fronte alle interessanti novità che provengono dalla periferia con la capacità
di permeabilizzazione e l'umiltà di imparare. Occorre dunque recuperare
la solidarietà più profonda, quella che lega gli uomini alla stessa
sorte, agli stessi interessi e agli stessi destini, quella che fa vivere
in ognuno di noi la rabbia, la gioia, l'entusiasmo nel difendere ogni
uomo che subisca l'ingiustizia e l'oppressione. Dobbiamo quindi arrivare
ad una crescita che, abbattendo la diffidenza e la paura dell'altro, del
diverso, ci porti a vivere un sentimento autentico e volontario che ci
faccia sentire legati alla causa e alle lotte dei nostri fratelli nel
mondo come nostre lotte.
Questo
comitato nasce per conoscere, informare, solidarizzare, costruire delle
reti di internazionalismo e interscambio culturale, per accogliere i
rivoluzionari perseguitati, per tutelare le comunità che nel sud del
mondo stanno per essere trucidate dai carnefici dell'impero. Si tratta
insomma di Capire e Praticare i metodi della nostra mondiale
liberazione.
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