26.09.99
Kosovo 1999

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KOSOVO: UNA GUERR A BASSA INTENSITA’, COME DA MANUALE (AMERICANO)

La guerra che si sta consumando nella Repubblica Federale Jugoslava é una guerra sporca. Di questo i più avveduti se ne sono già resi conto. Il grosso problema é riuscire a costruirsi un’opinione di fronte a un tale bombardamento propagandistico, alla falsificazione di dati storici, alle immagini toccanti, alle strumentalizzazioni a cui sono sottoposte le vittime della guerra (i superstiti del convoglio di profughi colpito dalla NATO il14/04/99 probabilmente sono ancora convinti di essere stati colpiti dall’aviazione jugoslava...). La guerra delle cifre, come la stessa giornalista RAI Lilli Gruber ha confermato, é un mezzo di propaganda che nessuno é in grado di controllare. Ma forse sono gli omissis dell’informazione di regime, qui da noi, ciò che in maggior misura ha contribuito e contribuisce a forgiare un’”opinione pubblica” favorevole alle manovre militari e geo-poilitiche delle potenze occidentali.

Già, una vera e propria “disinformazione strategica”, diventata oramai un fattore determinante nella preparazione, svolgimento e vittoria delle guerre che l’occidente scatena, di volta in volta, contro questo o quell’altro paese (e le rispettive popolazioni civili).

Questa non é una paranoica congettura, noi stiamo semplicemente riportando il pensiero dichiarato pubblicamente dagli strateghi militari.

“SOFTWAR”

Sentiamo, ad esempio, cosa ci dice il generale Carlo Jean (ex-consiliere militare di Cossiga, oggi rappresentante italiano OSCE a Vienna): “...Il mondo della geopolitica non si é trasformato in uno della geoeconomia, ma in uno della geoinformazione. L'informazione é potenza  ed é un fattore che sta modificando la politica, la strategia e l'economia. La strategia militare viene influenzata in due modi. Uno diretto ed uno indiretto. Quello diretto si basa sulle tecnologie dell'Information Based Warfare, che stanno determinando una Rivoluzione negli Affari Militari (RMA). Quello indiretto é dovuto all'impatto dei media e alla crescente importanza  della Softwar. Essa si svolge sul campo comunicativo, parallela alla

Cyberwar e alla Netwar che si combattono sui campi di battaglia (...) Per l'Occidente, l'importanza della Softwar deriva anche

dalla scomparsa della minaccia contro i suoi interessi vitali e dalla

difficoltà di mantenere il consenso delle opinioni pubbliche interne e la coesione delle alleanze in conflitti o in crisi che coinvolgono interessi  meno importanti e spesso divergenti degli stati membri (...) Spesso si confonde il consenso dell'opinione pubblica con il consenso dei media. E' questo un aspetto tutto da approfondire. I due consensi spesso non coincidono. Quello dell'opinione pubblica é più  condizionato dalla forma che riveste il messaggio che dal contenuto dell'informazione. Il consenso non é lineare. Non obbedisce a meccanismi di tipo stimolo-risposta. Si rafforza quando le informazioni coinvolgono i valori dominanti (corsivo nostro, e chi determina i valori dominanti?) del pubblico che le riceve. La  giusta causa dell'intervento é diventata una necessità comunicativa. Anche obiettivi derivati dalla realpolitik devono rivestirsi dell'idealpolitik...”.

Il gen. Jean, in questa relazione tenuta al Centro Alti Studi Difesa di Roma é molto eloquente.

E’ però un’eloquenza nella quale dobbiamo scorgere la freddezza del calcolo, la dichiarazione implicita che per vincere la guerra oggi bisogna confezionare balle, confezionarle bene, ed evitare di raccontare verità spiacevoli. Questa premessa era necessaria per definire l’importanza che redazioni come la nostra, organo di contro-informazione militante, rivestono in situazioni simili, dove é necessario che qualcuno abbia il coraggio e la volontà politica di spiegare (e gridare) tutte quelle verità, che, nel caso specifico, se solo venissero riferite da un tg nazionale farebbero crollare in un istante gli argomenti giustificatori dell’intervento NATO in Jugoslavia. Ci concentreremo, in questo articolo, a spiegare -in modo schematico per ragioni di spazio- come il tremendo conflitto che é divampato in Kosovo sia stato preparato con molta cura.

Un fatto dev’essere chiaro, non capirà nulla chi tenterà di affrontare la questione a partire dal 1999 o ragionando entro gli schemi imposti dalla informazione di regime poiché il conflitto in Kosovo é la naturale continuazione del piano di smembramento della Jugoslavia innescatosi ufficialmente nel 1991 (in realtà preparato con cura svariati anni prima).

 

I PREAMBOLI

“...Il principale errore é stato quello di non aver mai tentato sul serio di evitare (...) l’esplosione della federazione creata da Tito. Si é invece fomentata la sua distruzione, in quella nuova atmosfera che ha caratterizzato la nostra politica all’inizio degli anni Ô90...” (Hermann Scheer, deputato sinistra SPD tedesca).

Tutti oramai sanno, o dovrebbero sapere, che dove c’é guerra ci sono interessi economici o strategico-militari forti. In questo senso il deputato Scheer é ipocrita nel momento in cui dichiara che fu un “grande errore” da parte di Germania e Vaticano avviare, nel 1991, la corsa ai riconoscimenti di Croazia e Slovenia. Quello fu semmai “il grande calcolo”. Fu il segnale d’inizio della partita a Risiko che l’occidente cominciò a giocare utilizzando le proprie marionette ultra-nazionaliste balcaniche sulle spalle dei lavoratori croati, sloveni, serbi, musulmani, albanesi.

Nel corso del ciclo di guerre balcaniche apertosi nel 1991 l’occidente (nella fattispecie USA e stati europei) ha caldamente e “umanitariamente” parteggiato per alcune delle fazioni in lotta, in realtà quelle più fortemente interessate alla frantumazione della vecchia jugoslavia. La micidiale pulizia etnica ai danni di serbi e musulmani operata dalle truppe croate a Mostar ed in Erzegovina, con tanto di campi di concentramento, sgozzamenti, gruppi paramilitari neo-fascisti ustascia -ancora operanti- (e tutte le altre cosette sensazionalistiche che la tv ama riportare quando si parla “dei serbi”) non hanno scandalizzato nessuno. L’ “operazione Tempesta” con la quale nell’estate del 1995  l’esercito croato “ripulì” le Kraijne da circa 200.000 serbi nessuno la ricorda. In quell’occasione l’HV, l’esercito croato appunto, fu addestrato da consulenti militari americani, e ricevette il  supporto aereo NATO (gli aerei partivano da Aviano). Non destarono mai grande angoscia umanitaria nemmeno le pulizie etniche realizzate dall “Armja BiH” l’esercito bosniaco-musulmano. Dei circa 800.000 profughi serbi, fatti sloggiare da Croazia e Bosnia (che oggi sopravvivono in Jugoslavia) ai governi occidentali non é mai fregato niente. Il meccanismo della disinformazione strategica funzionò alla perfezione anche in quelle occasioni. Oggi l’Armija BiH é addestrato da un’agenzia privata statunitense, mentre la Bosnia Erzegovina é utilizzata come aereoporto NATO.

Dopo avere quindi scatenato una guerra civile di tipo etnico, che per lunghi anni si é autoalimentata di violenze di ogni tipo gli Stati Uniti ed il codazzo europeo impongono gli accordi di Dayton che sanciscono in modo definitivo il raggiungimento dei primi tre obiettivi della partita: 1-la Jugoslavia é stata terribilmente amputata; 2-gli stati sorti da questa amputazione, Slovenia, Croazia e Bosnia Erzegovina sono controllati direttamente dal  Patto Atlantico (la Croazia siede addirittura in Consiglio d’Europa); 3-l’autodeterminazione etnica fondata sulla pulizia etnica viene legittimata.

 LE RAGIONI

Perché quindi l’occidente ha fomentato questo ciclo di guerre civili di tipo etnico (si veda anche l’articolo sulla regionalizzazione in questo stesso numero), prendendo evidentemente le difese delle varie “autodeterminazioni nazionali” che lì furono incoraggiate?

Conferendo alla (ex)Jugoslavia il semplice valore capitalistico reale che rappresenta in quanto territorio frammentatosi in nuove entità statali si pu” facilmente constatare che essa:

- offre una quantità di forza-lavoro esule mediamente e altamente qualificata (quadri tecnici e professionali in genere) potenzialmente mobilitabile (dal posto di lavoro più dequalificato al laboratorio tecnico più specializzato) e facilmente ricattabile. Questo fenomeno permette anche l'abbassamento del costo della forza lavoro, in generale, su tutto il nostro territorio; 

- richiede una serie di nuovi eserciti da costituire, rifornire e potenziare (commesse per l'industria bellica e metalmeccanica);

- la ricostruzione materiale  non di uno stato ma bensì di una serie di nuovi stati, tenendo conto del surplus di strutture e infrastrutture che questa nuova situazione esige (commesse per l'industria edile, elettrotecnica, informatica e delle telecomunicazioni, per le agenzie di servizi e consulenza, per il terzo settore, ecc.);

- rappresenta un luogo ideale dotato di forza-lavoro variamente qualificata sotto controllo e a basso costo dove é possibile spostare la produzione, o sub-appaltare la produzione ove esistano già strutture adeguate (settori tessile, elettrotecnico, metalmeccanico);

- significa l'eliminazione dalla scena europea e mondiale di una presenza potenzialmente concorrenziale come la Jugoslavia e la sua trasformazione in piccole entità politiche ed economiche facilmente controllabili (grande beneficio per tutti i settori che producono per il mercato internazionale).

La distruzione totale dell’apparato produttivo jugoslavo che i bombardamenti NATO stanno realizzando in queste settimane dimostrano con chiarezza quanto detto mentre  nel frattempo, businness della ricostruzione sarà molto appetitoso.

Mentre per gli europei, in particolar modo per la Germania (non dimentichiamoci che i balcani sono area sotto controllo del marco tedesco), gli interessi sono di ordine produttivo-economico, oltreché militare, per gli USA tutta questa sporca guerra rappresenta un consistente consolidamento del loro braccio armato, la NATO, verso Est. 

Dopo Dayton la partita andava chiusa. La mini-Jugoslavia spezzata ulteriormente. Per farlo, bisognava, con ogni mezzo necessario, gettare benzina sul fuoco, utilizzare un conflitto presente e ridiventare i paladini della bontà e dell’autodeterminazione etnica.

Non é inutile sottolineare come i lavoratori che sono stati spinti alla guerra per l’”autodeterminazione” in questi paesi, dai croati ai musulmani, dai serbi agli albanesi, hanno guadagnato solamente morte, distruzione e precarietà, mentre le multinazionali, i finanzieri, gli industriali ed il “nuovo” ceto politico locale, gestore dei nuovi traffici in questi nuovi stati si stanno leccando i baffi.

 

LA STRATEGIA, LA TATTICA, I MEZZI

Su questo stesso bollettino, due numeri orsono, avevamo presentato ai lettori una recensione abbastanza particolareggiata del manuale da campo della guerra a bassa intensità, l’FM-100, reso pubblico dal Dipartimento della Difesa USA. In questo manuale si può leggere, e ciò é agghiacciante, la teoria generale dell’intervento militare degli Stati Uniti in paesi terzi. Cioé l’aggressione “a bassa intensità” di questo o quel paese a seconda, ovviamente di come si collocano gli interessi nazionali USA. Vi sono alcuni passaggi molto chiari. Gli USA possono sostenere “é un governo esistente (es. Turchia contro PKK, ndr) o una insorgenza (come l’UCK o la guerriglia contras in america centrale, ndr). Entrambe nell’ambito e tramite una mobilitazione del popolo...” e ancora “...sotto la direzione delle autorità nazionali le forze militari statunitensi devono assistere gli insorti o i governi che vi si oppongono (é) Se gli Usa sostengono gli insorti (fornendo loro conoscenze) gli aiutano con avvisi, equipaggiamento e altre forme appropriate (é se invece) scelgono l’opposizione all’insorgenza, queste conoscenze vengono trasmesse per disarticolare i movimenti degli insorti...”.

Sono previsti inoltre “...Bombardamenti e attacchi aerei e navali per distruggere obiettivi dall’alto valore o dimostrare la capacità di farlo. I raid sono operazioni di bassa intensità operativa con penetrazione nel territorio ostile per carpire informazioni, selezionare gli obiettivi e distruggerli...”.

E’ chiaro come l’attuale forza e organizzazione dell’UCK sia  una creatura statunitense e tedesca, di come tutti i bombardamenti NATO abbiano la evidente funzione di permettere all’UCK di avanzare, il più presto possibile, dai suoi campi di addestramento in Albania per “liberare” (sempre etnicamente) il kosovo.

Per realizzare, sul campo balcanico, la dottrina espressa dal FM-100 gli USA hanno inviato sia a livello diplomatico (William Walker, vedere riquadro) che militare (gen. Clarke, capo delle operazioni NATO in Jugoslavia) dei veri e propri esperti. Signori che negli anni Ô80 hanno prestato i loro servigi in America Centrale distinguendosi per i loro “lavoretti” in Nicaragua e Salvador.

Inoltre, che agli Stati Uniti non importi nulla della vita degli albanesi del Kosovo lo dimostra il fatto che il territorio del Kosovo (e non solo quello) viene bersagliato da proiettili e missili le cui ogive sono radioattive (uranio impoverito) e rilasceranno la loro feconda radioattività su quei territori per molto tempo ancora.

Gli albanesi del kosovo sono soltanto uno strumento mediatico da dare in pasto all’opinione pubblica.

 

OUT OF LAW (FUORI LEGGE)

L’intervento NATO dimostra, se ancora ce ne fosse bisogno, a tutti quelli che ancora riponevano una certa fiducia “di sinistra” nelle “istituzioni democratiche” (anche internazionali) e nella legalità borghese, che lorsignori le proprie leggi ed i propri regolamenti li evadono come, quando e dove gli pare. Dimostra la grande attualità dell’imperialismo.

L’occidente decide chi incriminare, decide la “punizione” e la esegue, decide chi invadere, chi riconoscere, chi annichilire, violando le proprie leggi nonché i tanto sbandierati diritti umani. Le proprie “istituzioni democratiche” funzionano solo per chi sta fuori dalla fortezza. Quando l’occidente capitalista paga il suo conto di morte e sfruttamento non é opera dell’ONU, di un tribunale internazionale o di qualche altra istituzione interna al sistema di potere, ma é opera di quei popoli che hanno saputo organizzarsi e prenderlo a bastonate (e fucilate).

Per questo é ridicolo vedere gli americani e le forze di polizia affannarsi a mantenere l’ordine pubblico intorno alle basi e agli alloggi dei militari yankee, timorosi che a qualcuno dei loro vengano spaccate un po’di ossa, o qualche macchina venga data alle fiamme, mentre sopra le nostre teste volano cargo galaxy pieni di missili e munizioni, F-16 scaricano serbatoi e bombe nel Lago di Garda, i proiettili a uranio impoverito sono stoccati chissà dove, i cavi delle funivie vengono recisi...

Gli stupidi piloti militari, pedine imberbi, non sono superuomini infallibili, sono ragazzini esaltati ben addestrati, ed errori ne commettono molti. Ma il peggio é che grazie al sensazionalismo della guerra-spettacolo, o meglio della softwar, tutto é fiction, la percezione della plumbea, nera miseria e devastazione che i bombardamenti NATO stanno causando, é ridotta a zero. Perci”, scusate il cinismo, ci auguriamo che per avaria o “errore umano” cada un cargo “galaxi” sul territorio italiano e che causi un cratere di distruzione largo tre chilometri. Forse, con eventi di questo genere nel dispositivo della softwar si crea una fenditura. Ricordiamoci che i 20 morti del Cermis non sono bastati...

 

CHE FARE

Non ci schieriamo ne con l’UCK ed il sogno della grande Albania, né con le Forze Speciali di Polizia serbe ed il sogno della grande Serbia. Ci schieriamo con i lavoratori e le lavoratrici di quelle terre, siano albanesi, serbi, croati o bosniaci. Non sarà certo il nazionalismo (targato NATO) a liberare gli albanesi kosovari. Quando avranno ottenuto il loro staterello fantoccio (e lo otterranno), ricco d’uranio impoverito, si troveranno schiacciati due volte, prima dai propri padroni mafiosi, oggi pezzi grossi dell’UCK o amici di Sali Berisha, eppoi dalle pressioni dell’imperialismo U.E o U.S.A. Perciò ci opponiamo fermamente a questo intervento criminale che sta distruggendo un’intero paese con la sua gente; il nostro compito é bloccarlo. Per permettere che i lavoratori di queste zone riprendano ad organizzarsi, ad incontrarsi e a costruire, dalle macerie, una identità comune, di classe e internazionalista contro quella etnica che gli ha trasformati in carne da cannone.

In sintonia coi compagni del Comitato Unitario Contro Aviano 2000, esprimiamo una certa perplessità riguardo alla maniera frammentaria con cui le tante manifestazioni sono state realizzate. Questa dispersione giova solamente al governo italiano ed alle operazioni NATO. In questo senso sosterremo ogni sforzo che vada nella direzione di una grande manifestazione nazionale unitaria ad Aviano o di fronte a una di quelle strutture militari dove maggiormente é concentrato il traffico militare. In 50.000 ad Aviano! In 50.000 per bloccare l’attività criminale delle istallazioni militari!

Riteniamo inoltre, che l’organizzazione di uno sciopero generale nazionale contro l’intervento NATO sia la proposta politica più avanzata di questi giorni. Sosteniamo quindi tutte quelle forze del sindacalismo di base che in questa direzione si stanno muovendo.

Esprimiamo il nostro odio e disprezzo più profondi nei confronti di quei viscidi e servili opportunisti che dal governo, dalle segreterie dei più grandi sindacati italiani si stanno macchiando le mani di sangue, del sangue dell’ennesima, impunita, strage di stato. Di fronte alla storia, questi signori si assumeranno le proprie responsabilità.

 

Un veterano del Dipartimento di Stato americano che diresse la guerra a bassa intensità contro El Salvador ed il Nicaragua negli anni Ottanta, mentendo su ogni aspetto di essa. Walker ha guidato un team di ispezione dell’OSCE in Kosovo. Da chi e' composto il team?

“In numero consistente sono quelli con un retroterra militare; un po' di meno, ma comunque tanti, vengono dai corpi di polizia”, ha detto Walker ad una conferenza stampa al Dipartimento di Stato l'8 gennaio (trascrizione ufficiale, US Information Service). Quando gli e' stato chiesto se il team in Kosovo non fosse altro che un team di spie, come il gruppo USCOM in Iraq, Walker ha replicato: “Spero che ciascuno dei componenti della mia missione cerchi di raccogliere quanta piu' intelligence gli sia possibile”.

Rispondendo ancora alla domanda: “Trasmettera” a Washington le informazioni raccolte? Walker ha detto: “Molte di queste ritorneranno a Washington, ma servono a tutte le capitali [dei paesi NATO]”. Suona un po' come quello che e' successo in Iraq...Di solito Walker viene dipinto come un diplomatico di carriera dai mezzi di informazione statunitensi, il quale sarebbe ora stato assorbito dalla palude balcanica. Ma la realta' non e' proprio questa. Walker ha fatto una lunga carriera nel Dipartimento di Stato americano. Bisogna vedere in che modo, per capire quello che sta facendo oggi.

CHI E’ WILLIAM WALKER?

Collaboratore di Eliot Abrams e Oliver North, Walker ha cominciato la sua carriera diplomatica in Peru' nel 1961. Nel 1985 e' stato designato assistente segretario di Stato per l'America Centrale. E' stato un uomo-chiave della operazione della Casa Bianca reaganiana per liquidare il governo nicaraguense, operazione guidata dal Col. Ten. Oliver North e dall'assistente segretario di Stato Eliot Abrams. Walker e' stato assistente speciale di Abrams, secondo le accuse rivolte dal legale indipendente Lawrence Walsh presso la Corte distrettuale statunitense.

Secondo le registrazioni della corte, Walker e' stato il responsabile della istituzione di una pseudo-operazione umanitaria all'areoporto di Ilopango, nel Salvador. Questa era segretamente usata per far  passare armi, munizioni e rifornimenti ai mercenari “contra” che attaccavano il Nicaragua. Il legale Walsh ritenne che Walker fosse uno degli uomini-chiave nelle operazioni di Oliver North, stando agli atti del processo.

In seguito, dal 1988 al 1992, Walker e' stato ambasciatore USA nel Salvador. Era il periodo in cui gli squadroni della morte facevano il bello ed il cattivo tempo. Molti dei componenti di questi squadroni erano addestrati alla “Scuola delle Americhe” [SOA] di Fort Benning, vicino Columbus, Ga., che fa capo all'esercito statunitense.

Il 6 maggio 1996, Walker era aWashington a condurre una cerimonia per onorare i 5000 soldati americani che avevano combattuto in segreto nel Salvador. Al tempo in cui Walker era ambasciatore, la versione ufficiale era che in Salvador ci fossero solamente 50 “consiglieri” militari USA (“The Washington Post”, 6 maggio 1996).

Le azioni di Walker, nella sua missione jugoslava sono state  chiaramente intese a destabilizzare il governo jugoslavo. Le sue affermazioni sono state utilizzate per giustificare l’attacco militare della NATO.

 

fonte: WORKERS WORLD

(periodico marxista americano)

 
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