18.10.99
Neonazismo in Europa

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L’ombra lunga del nazismo*

di Mario Coglitore

 

Per comprendere l’Europa di fine millennio è necessario tracciarne con cura la genealogia del passato. Un passato piuttosto recente per poter diventare oggetto di un’analisi rigorosamente storiografica. Ma le disquisizioni d’accademia ci interessano poco; specialmente quando la ricerca storica diventa occasione di continua riscrittura dei fatti in una chiave che potremmo definire metafisica, o meglio metastorica.

Ci occorre invece una presa di coscienza diretta della memoria di anni non così lontani come qualcuno vorrebbe far apparire. I documenti non mancano: tutto sta a volerli tenere in considerazione. Nella logica stringente di ogni sistema di potere che sia davvero tale, procedere a quello che potremmo chiamare l’espianto scientifico di ogni deviazione dalle regole accettate come valide, funziona sia per la ricodificazione della memoria, resa duttile all esigenze del controllo e del dominio sulle coscienze, che per l’opportuna deterrenza da esercitare contro chiunque si opponga, anche pallidamente, all’egemonia del sistema.

La resa dei nazisti all’esercito alleato non concluse affatto le vicende del Terzo Reich. Il 1945 fu soltanto l’inizio: lo dimostrano ampiamente le operazioni condotte con grande tempismo e capacità politico-diplomatica da Allen Dulles, responsabile dell’Office for Strategic Services statunitense che venne a patti con gli ufficiali del Reich maggiormente rappresentativi. L’establishment nazista venne da subito considerato recuperabile sul piano delle specificità professionali, chiamiamole così.

Allen Welsh Dulles arrivò nella Confederazione Elvetica in incognito nel Novembre 1942. Finanziere e avvocato nella vita civile, difese gangsters del calibro di Lucky Luciano e Meyer Lausky, che avrebbero aiutato gli Stati Uniti a contattare la Mafia siciliana. Con il fratello John, futuro segretario di Stato americano diresse a New York dal 1927 lo studio legale Sullivan e Cromwell attraverso cui ebbe occasione di intrecciare solidissimi rapporti di lavoro e conoscenza sia con alcuni esponenti della finanza e dell’economia tedesche che con lo stesso governo hitleriano. La famiglia Dulles rivestiva un’importanza fondamentale nei piani elaborati da Donovan e dallo staff dell’OSS, tanto che l’ormai quasi cinquantenne Allen venne nominato responsabile dell’OSS per l’Europa (a fine conflitto sarebbe stato direttore della CIA dal ’53 al ’61). Di salde tradizioni repubblicane e importante esponente della Massoneria di rito scozzese, Dulles aveva tutte le carte in regola per essere accettato come gradito ospite nel contesto europeo dei grandi gruppi di potere. Assolse con grande maestria l’incarico di trattare la resa con le massime autorità naziste, occupandosi in particolare dell’esfiltrazione degli elementi di maggior spicco del controspionaggio tedesco: resta da annoverare nella storia delle spie il recupero e l’instradamento verso gli Stati Uniti di Reinhard Gehlen, capo di una delle più temute organizzazioni dell’Intelligence hitleriana. A Donovan insieme a Gehlen arriva il bendidio: almeno cinquanta casse di materiale segretissimo sulla situazione dell’Unione Sovietica e dei comunisti italiani e francesi; preziosi documenti che saranno utilizzati nell’immediato futuro.

“[...] Gehlen diventerà direttore della sezione affari antisovietici dell’OSS e successivamente manterrà lo stesso incarico nella CIA. Tanti altri gerarchi fascisti e nazisti usufruirono dell’appoggio dell’OSS per salvare la vita dopo la guerra. Un appoggio fondamentale a Dulles e Donovan venne ancora una volta dal Vaticano, in particolare dalla sezione speciale diretta da Giovanbattista Montini. Un rapporto segreto del dipartimento di Stato Usa, datato 1947, spiega che 22 sacerdoti, con l’aiuto delle autorità italiane avevano aiutato le fuga di decine di criminali nazisti e fascisti [...]”[1]

La presenza americana in Europa e Italia è scandita dal ritmo incessante dell’affiancarsi di azioni di guerra e di operazioni strategiche occulte. Le une senza le altre non sarebbero state possibili. L’operato di Dulles, in questo senso, va ben oltre la pura e semplice esecuzione di piani segreti per condizionare di questo o quell’avvenimento, anche se si tratta comunque di buona parte del lavoro svolto da lui e dai suoi uomini nel teatro di guerra dell’epoca. La lungimiranza della politica estera statunitense guardava al di là delle contingenze che pure cercò di soddisfare nel migliore dei modi; quello che andava pianificato era il dopo. “In particolare, Allen e John Foster Dulles contribuirono in misura considerevole all’eclissi della linea roosveltiana, perseguendo l’obiettivo di una nuova Europa incentrata, dopo la sconfitta del Reich nazista, sulla rinascita tedesca. Tesi che fu all’origine della guerra fredda da parte occidentale.

Negli ultimi mesi del conflitto mondiale e nei primi mesi del dopoguerra, i fratelli Dulles, anche se non ufficialmente, gestirono uno speciale ente che era alle dirette dipendenze del Ministero del Tesoro americano l’Exchange Stabilization Found.

Questo fondo, nato nel 1941 grazie ad una speciale legge (War Powers Act), avente lo scopo specifico di riunire i capitali sequestrati ad aziende o individui del Terzo Reich, nei fatti era invece costituito da beni che le truppe statunitensi, man mano che penetravano nel territorio germanico, avevano sequestrato alle SS in fuga o rinvenuto in nascondigli.

Oro, azioni, obbligazioni, diamanti (quasi tutti rubati agli ebrei di Anversa) e carta moneta più o meno pregiata, arrivati in possesso americano spesso in modo del tutto rocambolesco, con azioni militari o con operazioni speciali dei servizi segreti.

Una massa enorme di beni (poi opportunamente riciclati con operazioni finanziarie ad hoc) valutati in molte decine di milioni di dollari.

Dopo l’avvento della ‘guerra fredda’, l’Exchange Stabilization Found distribuì, per qualche anno, soprattutto in Europa, quote considerevoli di questa fortuna ai partiti e alle formazioni politiche moderate (o considerate tali) delle nazioni ritenute amiche o, comunque, da aiutare.”[2]

L’arte del nascondere e del riciclare è qualità essenziale degli uomini d’affari più accorti. Il contributo della famiglia Dulles al proprio paese fu determinante: utilizzando il denaro come chiave d’accesso universale alle politica, i Dulles resero possibile la gestione diretta degli assetti istituzionali della nuova Europa. D’altro canto l’apparato paramilitare di cui poterono disporre e che, secondo quanto abbiamo delineato sin qui, approntarono almeno dal 1942 riusciva a soddisfare egregiamente le necessità di intervento operativo ogniqualvolta esse diventavano imprescindibili.

Le fondamenta delle nuove repubbliche democratiche vennero dunque gettate negli anni che precedettero ed immediatamente seguirono la fine del secondo conflitto mondiale.

La rete stesa dall’intelligence americana nell’Europa occidentale consentì non soltanto il controllo diretto delle nascenti democrazie repubblicane ma anche la sostanziale impunità garantita a quanti avevano fedelmente servito, in Italia, in Germania, in Francia, la causa del Reich millenario. In aggiunta a questo va senz’altro osservato che quella nazista non deve essere considerata semplicemente la temporanea presa del potere da parte di una cricca di degenerati: si trattò dello sviluppo e del consolidamento di una cultura che aveva radici profonde nelle viscere del vecchio continente ed insospettabili connessioni anche con l’oriente europeo ed asiatico. E’ su questo che si sono giocati i destini della dottrina nazionalsocialista, largamente sopravvissuta alla sua stessa apparente sconfitta.

Come dimostra l’intera vicenda del neo-fascismo nostrano e del neo-nazismo tedesco (all’Ovest come all’Est; nella Repubblica Democratica tedesca, lo vedremo meglio tra poco, sono fiorite organizzazioni di estrema destra che si rifanno esplicitamente a nostalgie hitleriane) i camerati di prima generazione, riciclati nelle nuove istituzioni democratiche, o pretesi tali, hanno avuto tutto il tempo di allevare decine di fedeli soldati del Fuhrer fino certamente alle teste rasate dei nostri giorni.

Oggi in Europa la presenza dei camerati è numerosa e l’Internazionale Nera una realtà drammatica. In estrema sintesi, cerchiamo di dare dei contorni precisi alla cosiddetta galassia dell’estrema destra, utilizzando delle fonti attendibili.

 

Sieg Heil

 

Cominciamo dalle elezioni del 26 Aprile dello scorso anno nel lander della Sassonia-Anhalt, ex Germania Orientale, e dunque ancora più significativo proprio per il segnale politico che rappresenta. Qualunque cosa se ne possa dire o pensare, nella Germania democratica è stata allevata, nel silenzio delle prigioni che stavano al di là del tristemente famoso muro crollato nel 1989, un’intera generazione di giovanissimi, e fedeli alla causa, nipoti di Hitler. La Deutsche Volksunion, Unione del popolo tedesco, ha infatti ottenuto il tredici per cento dei consensi e per essere una lista presentata laggiù per la prima volta, bisogna dire che non c’è male. Tuttavia il fenomeno non si fermerà a delle semplici consultazioni amministrative. Un altro personaggio della vecchia intellighenzia  Franz Schonhuber, un tempo feroce ufficiale delle SS divenuto presentatore della TV Bavarese, è stato scelto come capolista per il futuro raggruppamento di camerati che si presenterà alle prossime elezioni europee. Schonhuber aveva condotto al successo elettorale negli anni Ottanta il partito razzista dei Republikaner e la sua fervente attività di intramontabile nazista lo candida al ruolo, fondamentale, di elemento indispensabile a comporre i contrasti interni tra gruppi di estrema destra. Esiste un progetto organico per la ricostituzione di un polo, chiamiamolo così, marcatamente neonazista e questa volta con una faccia prettamente istituzionale. Il rovescio della medaglia, quello che non appare agli occhi dei media se non quando la sproporzione tra verità e realtà è incontenibile, sta tutto nell’attivazione di una rete di contatti, un micidiale intreccio tra gruppi di una galassia eterogenea ma perfettamente analizzabile, che già esiste e che adesso si muove con coerenza anche nei territori tedeschi un tempo egemonizzati dalla vecchia URSS. Dopo gli assalti dei primi anni Novanta fisicamente portati contro gli extra comunitari, nel 1997 sono state registrate alcune preoccupanti recrudescenze di violenza xenofoba e, di nuovo, in particolare all’Est. L’Ufficio Centrale per la difesa della Costituzione ha segnalato un aumento del trenta per cento delle violenze dei neonazisti; secondo il rapporto governativo sarebbero più di cinquantamila gli effettivi dell’esercito dei nuovi, temibili, camerati. Moltissimi i giovani e soprattutto i molto giovani: crisi sociale e disoccupazione sono gli ingredienti che nella vecchia Germania legata al carro sovietico danno corpo all’esplosiva miscela della violenza e del malcontento diffuso. A partiti movimenti dell’estrema destra la cosa non è sfuggita. I vecchi gruppi sciolti intorno al 1993 dal Ministero degli Interni e dei quali resta ampia documentazione nel lavoro di Michael Schmidt, Neonazisti, pubblicato da Rizzoli e fatto rapidamente scomparire qualche mese più tardi, si sono ricostituiti con altre denominazioni e spesso, secondo quanto testimonia un rapporto del settimanale Avvenimenti, conglobando in sé le organizzazioni giovanili dei partiti legali. La Junge Nationaldemocraten o i giovani del Npd, partito neonazista sorto negli anni Sessanta, hanno raccolto anche buona parte dei militari radicali, tanto da riuscire ad organizzare il Primo Maggio dello scorso anno una manifestazione a Lipsia che si è conclusa in gravi scontri contro la Polizia.

Sanno come muoversi i nostalgici della svastica; di recente sulla rivista del gruppo, Bandiera Nera, sono comparsi nomi ed indirizzi delle principali associazioni antifasciste e democratiche additate come nemici da combattere con ogni mezzo. L’Internazionale Nera continua a muoversi anche nell’ambito strettamente culturale o di intrattenimento, se preferite. Concerti rock e relativo settore discografico di riferimento sono in espansione: a quanto pare più di trentamila Cd nazi-rock sono stati sequestrati nella sola Kiel, nel nord della Germania. Incitando nei loro testi allo sterminio ed alla cacciata dell’immigrato, le bands musicale fanno presa nell’immaginario dei giovani aumentandone l’intolleranza e trasformandosi in fenomeno di costume. I siti Internet abbondano in tal senso di materiali propagandistici che mescolano la musica alla politica, in una miscela davvero letale; e in tema di permanenza di culture mai veramente scomparse, di sedimentazioni di millenarismo nazista mai sopito, tenete presente che uno dei più importanti luoghi virtuali della Rete sorto come punto di contatto tra le diverse anime del movimento neonazista, è stato chiamato Thule Netz - la società di Thule fu, all’origine del nazionalsocialismo, l’associazione che raggruppò Hitler ed i suoi futuri gerarchi per la prima volta. Il progetto totalitario così ben espresso dagli eredi della tradizione delle croci uncinate si radica nelle pieghe nascoste dell’Europa contemporanea, mantiene inalterato il suo messaggio di violenza e sopraffazione. Sempre su Internet potrete leggere di zone liberate dalla presenze di stranieri e di nemici della Germania attraverso una campagna di sistematica incitazione ad azioni dirette contro punk, organizzazioni di sinistra, antirazzisti, antifascisti.

Corre veloce ed inarrestabile una parola d’ordine: ricompattare, ricostituire, creare nuovi e più forti legami tra camerati. Qui vicino, sappiatelo; appena oltre confine: Jorg Haider, leader del Fpo austriaco ha saputo coniugare insieme molto efficacemente vecchi gruppi di estremisti neri e nuove strategie elettorali per dar corpo, e il suo stile è diventato punto di riferimento anche per i cugini tedeschi, ad una federazione della destra radicale sull’esempio del Front National di Le Pen. Secondo le notizie riportate da alcuni giornali non è da escludere che il radicamento elettorale dei Republikaner nel sud della Germania e quello della Dvu al nord, unito al sostegno economico che Schonhuber è disposto a mettere a disposizione dei suoi camerati, in particolare grazie alle notevoli vendite realizzate dal settimanale di sua proprietà, la National Zeitung, dia luogo a breve termine ad una vera e propria coalizione dell’estrema destra, a questo punto in grado di controllare più di un settore della società tedesca. Rappresentanza politica da un lato e capillare organizzazione paramilitare dall’altro garantiscono la piena riuscita della formula neonazista. Ricorderete certamente le polemiche di fine 1997, quando vennero diffuse videocassette realizzate da giovani nazi nelle caserme in cui prestavano servizio. Stupri simulati, atti di guerra contro i civili, esecuzioni facevano parte dell’addestramento del buon soldato del Bundeswehr, l’esercito tedesco. Si trattava di documentari girati nella caserma dei paracadutisti di Altenstadt, in Alta Baviera e tra il contingente tedesco di stanza in Bosnia.

Ma non basta. Se per il Ministero della Difesa era stato difficile giustificare episodi di simile gravità, impossibile sarebbe stato spiegare di lì a poco quanto è accaduto all’Accademia Militare di Amburgo nel medesimo anno. Manfred Roeder, anziano militante del Reich, autore negli anni Settanta di una delirante prefazione al libro negazionista La menzogna di Auschwitz e nel decennio successivo attivo aggressore di extra comunitari, viene invitato nel 1995 a tenere presso l’Accademia un discorso davanti ai giovani ufficiali durante il quale illustra la sopravvivenza delle radici tedesche in molte popolazioni dell’Est europeo e dell’attuale Russia. La madre Germania chiama a raccolta tutti i suoi figli.

 

Camerata Basco Nero

 

Il panorama italiano non è più invitante. Uno degli assi portanti della rinascita neofascista è proprio il Front National francese di cui prima accennavo. Se le sigle hanno una qualche importanza per l’omogeneizzazione delle identificazioni, e ce l’hanno io credo, FN nel paese degli aranci e dei limoni qualifica almeno due appartenenze non molto distanti tra loro. La prima è il Fronte Nazionale di Adriano Tilgher, protagonista di una stagione del neofascismo nostrano che ci riporta direttamente agli anni di Avanguardia N. Nazionale; indagato per l’omicidio Occorsio, la strage dell’Italicus e Bologna, rispettivamente 1974 e 1980, Tilgher si è fatto cinque anni di carcere prima che la Corte d’Appello di Roma lo rispedisse a casa con tanto di scuse - era il 1991 - e 120 milioni di risarcimento danni per ingiusta detenzione. Negli ultimi tempi Tilgher era stato vicino alle posizioni di Rauti, con il quale aveva partecipato alle ultime elezioni in lista con Fiamma Tricolore. Nel 1997 viene espulso con i suoi per contrasti insanabili con il vecchio fascista sopravvissuto alle grandi trasformazioni del neofascismo nazionale degli anni Ottanta. Rauti, sostiene Tilgher, non condivideva abbastanza alcuni posizioni di fondo necessarie a qualificare la vera destra radicale. Ne cito alcune: opposizione al liberalismo di Maastricht; distacco dell’Italia dalla Nato; no all’immigrazione clandestina; tutela dell’identità nazionale. Così nel settembre 1997 nasce il Fronte Nazionale che sulle prime cerca l’appoggio incondizionato di Le Pen. I rapporti con i francesi, da subito impegnati a chiedere obbedienza assoluta, si deteriorano presto ma alla fine il nuovo partito viene costituito ugualmente e nelle elezioni provinciali di poco tempo fa Tilgher ottiene ben 25.000 consensi di cui 18.000 nella sola Roma: un inizio folgorante.

Bisogna starci attenti con i camerati. Manifestazioni in sostegno della nazione irachena, sit in contro McDonald per rivendicare il Comprate italiano, lotta serrata all’immigrazione sono alcune delle iniziative del Fronte che lasciano nella confusione, mescolando tra loro tradizionali cavalli di battaglia della sinistra con evidenti prese di posizioni della cultura della violenza xenofoba e del nazionalismo. Infatti nel Fronte Nazionale troverete esponenti della destra più retriva e al contempo vecchie conoscenze di tutt’altra sponda politica. Perfino l’organo ufficiale del partito che utilizza ancora la fiamma come simbolo può dar luogo a fraintendimenti: si intitola Rinascita e ricorda ovviamente un’altra nota rivista della sinistra storica.

“Un tempo” ha detto Tilgher in un’intervista a L’Espresso del Dicembre 1998 “rivendicavamo la terza via, ma oggi che senso ha parlare di destra o di sinistra? Vedo soltanto una marmellata centrista rispetto alla quale noi siamo diventati la seconda via: un’alternativa nazionale aperta a tutti.”

Altro ragionamento va fatto per Forza Nuova, organizzazione piuttosto attiva ultimamente nel panorama italiano. FN nasce anch’essa nel 1997 con l’intento di raggruppare tra loro i gruppi dell’estremismo fascista, naziskin compresi. In sostanza viene ripreso il progetto della vecchia Base Autonoma, collassata a metà degli Novanta dopo una serie di indagini della Polizia culminate nello scioglimento di diverse organizzazioni di matrice neofascista, come Azione Skinhead per citarne una. FN possiede una ventina di sedi sparse in tutta la penisola - particolarmente presenti nell’Italia centrale - cinquemila simpatizzanti circa, un giornale, Foglio di Lotta, destinato ai giovani, un sito Internet a cui dare senz’altro un’occhiata. L’elemento più interessante del gruppo sono certamente i suoi padri fondatori, in perfetta continuità di intenti con il neofascismo degli anni Settanta. Si tratta di Massimo Morsello e Roberto Fiore, rifugiati in Inghilterra con la complicità caritatevole dei Servizi Segreti di Sua Maestà. I due latitanti, appartenuti rispettivamente ai Nuclei Armati Rivoluzionari e a Terza Posizione, hanno avuto intensi rapporti con il MI6 britannico; poco dopo i fatti di Bologna si sarebbero rifugiati in Libano e da lì avrebbero svolto un fondamentale ruolo di agenti infiltrati nei campi d’addestramento cristiano-maroniti per conto degli inglesi, fornendo informazioni sull’attività dei diversi gruppi armati che da tutta Europa giungevano in Libano per addestrarsi.

Forza Nuova mette insieme più di qualche transfuga del neofascismo italiano, dalla Fiamma Tricolore, ai naziskin ripuliti, a Maurizio Boccacci, ex portavoce del Movimento Politico Occidentale. Dice Paolo Caratossidis, leader padovano del gruppo, che i voti che Forza Nuova pensa di raccogliere alle prossime Amministrative sono “Quelli della Destra, ma anche i voti di chi crede in una lotta vera all’immigrazione, di chi si batte per uno stato sociale e non assistenziale, di chi crede nei valori della famiglia tradizionale e rinnega l’aborto, di chi aborrisce il consociativismo...” Dunque difesa dell’identità nazionale con una mano tesa verso il cattolicesimo più retrivo in un comune impegno di carattere sociale. Forza Nuova è anche in strettissimo contatto con i Lepenisti d’oltralpe: nel giugno di quest’anno è stato persino organizzato un incontro con il rappresentante giovanile del Front National.

Chiudiamo questa triste rassegna di tristi, ma pericolosi, figuri con un accenno agli Hammerskin, neonazisti disciplinati e pronti allo scontro fisico. Il loro simbolo è composto da due martelli incrociati su una svastica. Sono nati negli Stati Uniti e si sono rapidamente diffusi in Europa, specialmente in quella dell’Est; l’intento è quello di organizzare militarmente gli skinheads di destra per le maggiori glorie del Quarto Reich.

L’organizzazione ha basi anche in Australia e in Sud Africa: per ciò che concerne l’Europa in particolare, finanziatore delle attività risulta quello stesso Roberto Fiore che tanto si prodiga per i Forzanovisti italiani. “Dobbiamo assicurare l’esistenza al nostro popolo e un futuro ai bambini bianchi”, questo il loro motto. I riferimenti alla tradizione nazista, come è facile capire, sono piuttosto perentori: alla televisione svizzera uno di loro ha dichiarato che “Gli hammer stanno agli skin come le SS alle SA”. E scusate se è poco.


[1] Cfr. A. e G. Cipriani, Sovranità limitata, cit., pp. 27-28.

[2] Cfr. Giorgio Cavalleri, Mussolini-Churchill, Il custode del carteggio, Piemme, 1997, pp. 117-118.

 * Ogni ricerca dotata di un minimo di informazioni dettagliate è sempre il risultato dello sguardo attento di chi sa scovare le notizie un po’ dappertutto. Devo i miei ultimi aggiornamenti in tema di estrema destra alla paziente opera di raccolta del mio amico Marco Rossi che colgo qui l’occasione di ringraziare.

Mario Coglitore da anni studia il movimento neonazista e neofascista, la storia e l’attualità dell’internazionale nera. Tra le sue pubblicazioni segnaliamo:
-L’identità assente, ed. Calusca, Padova 1997
-La notte dei gladiatori (con Sandro Scarso), ed. Calusca, Padova 1992.
-vari articoli pubblicati sulle riviste “Il Ponte”, “Germinal”,”Intermarx” (http//:www.intermarx.com/)

 

 
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