23.09.99
Messico o Chiapas?

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IL MESSICO sta in CHIAPAS

o il CHIAPAS sta in MESSICO?

 

Lo scopo di questo dossier é quello di informare, o meglio di contro-informare se consideriamo che l’informazione é quasi totalmente controllata da gruppi di potere economico e politico.

E’ un dossier abbastanza agile che certo non ha la pretesa di esaurire tutto quello che ci sarebbe da sapere e da dire sulla situazione che presenta.

Abbiamo fatto una scelta che, vorremmo precisarlo, non deriva da posizioni settarie. Combattere contro il settarismo é proprio una delle ragioni che in generale ci muovono e che in particolare hanno portato alla realizzazione del presente. La scelta che abbiamo fatto é di non avere incluso, in questo lavoro, informazioni o traduzioni di documenti di una tra le piœ importanti organizzazioni messicane, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. La ragione é molto semplice: le attività dell'EZLN e la vita delle comunità indigene del Chiapas sono già abbondantemente e frequentemente seguite da “Il Manifesto”, “Liberazione”, da molti comitati e associazioni, nonché da una bibliografia molto ampia.

Abbiamo preferito quindi concentrare il lavoro di contro-informazione su quelle realtà sociali, di movimento ed organizzazioni che per una ragione o per l’altra sono e continuano ad essere indebitamente e vergognosamente censurate alla luce della vastità geografica e sociale che presentano.

Alcuni dei lettori rimarranno sorpresi, probabilmente, nel sapere che la bestiale repressione imperialista messa in atto dalla guerra a bassa intensità é cosa che si dà in svariati stati messicani e che il Chiapas, fortunatamente per i compagni che l’ lottano, non é l’unico focolaio di ribellione e di lotta.

Perché anche il maggior quotidiano “indipendente” messicano “La Jornada” (1) pubblica quasi quotidianamente informazioni dal Chiapas e quasi ignora quello che succede negli altri stati? Perché il Partito della Rivoluzione Democratica abbandona pressocché a se stessi i propri prigionieri politici? perché anche il Comando Generale dell'’EZLN, che gode di un ampio potere mediatico, non ricambia la solidarietà che le organizzazioni campesine e indie, i sindacati indipendenti ed autorganizzati e, non ultimo l’Esercito Popolare Rivoluzionario (EPR) sempre hanno offerto alla lotta in Chiapas? Perché anche qui in Italia, si vuole ridurre al Chiapas un conflitto sociale che ha un respiro nazionale messicano, quando non internazionale? Vediamo di rispondere, serenamente, a queste domande di importanza cruciale.

 

1-Parlare delle condizioni sociali di stati messicani come Oaxaca, Guerrero, Hidalgo, Michoacan, Veracruz, significherebbe parlare delle violazioni dei diritti umani che li si danno e di conseguenza parlare delle organizzazioni, prevalentemente campesine e indigene, che tali violazioni subiscono. Meglio fare finta di niente, meglio glissare...

 

2-Per ciò che riguarda il PRD, non é un partito monolitico. E’ diretto da una cupola di ceto politico borghese ed é sostenuto, specialmente fuori della capitale, da una base militante combattiva. I suoi esponenti nelle zone rurali sono integranti di organizzazioni campesine radicali che si sono inseriti nel PRD per conquistarsi un riparo dalla repressione dello stato. In molti casi la repressione é arrivata comunque. Cos’ mentre la cupola capitolina segue privatizzando i servizi pubblici ed incontra tutto il mondo democratico-progressita, non si mette a punto nemmeno una campagna nazionale per scarcerare, quanto meno, i propri prigionieri politici: sono compagni scomodi, ma soprattutto lottano in Oaxaca, Guerrero, Michoacan...(2)

 

3-Crediamo che una delle ragioni per cui non si costruiscono rapporti di solidarietà reciproca con tutte le forme di lotta (armata e non armata) che si stanno dando fuori dal Chiapas é che queste non rientrano esattamente nell’alveo di questo nuovo progetto di una non meglio definita SOCIETA’ CIVILE.

Ma che cos’é la società civile? Tutti siamo società civile. Ce lo dice il comandante Marcos convocando una consulta nazionale per il 21 marzo 1999: “...Se sei messicano o messicana, idigeno, campesino, operaio, colono, occupato, disoccupato, handicappato, artista, intellettuale, scienziato, religioso, artigiano, imprenditore, lesbica, omosessuale, sieropositivo, militante di una organizzazione sociale o politica, commerciante, studente, maestro, sindacalista, membro di una organizzazione non governtiva, ambientalista, bambino, bambina, giovane, anziano, uomo o donna (...) non importa il lavoro che fai, la tua posizione sociale, militanza politica...”, etc. (3).

Suggeriamo di ri-consultare la pagina precedente, il passaggio qui sopra citato potrebbe allora essere cos“ interpretato: non importa se sei un imprenditore, ti troverai a fianco dei tuoi operai a cui succhi il sangue, non importa se sei fervente cattolico e sei contro l’aborto ti troverai a fianco di una lesbica femminista (4), non importa che tu sia ricco sfondato, ti troverai a fianco dei poverelli, non importa che tu sia funzionario di un sindacato corporativo (5) ti troverai al fianco degli iscritti che quotidianamente tradisci e prendi per il culo, non importa se ti arricchisci commerciando il caffé che i campesinos con sudore e fatica producono, ti troverai al loro fianco in questa meravigliosa famiglia che é la società civile democratica (tanto si sa, dopo l’89 le classi sociali non esistono piœ...).

E mentre qui si chiacchera sulla (presunta) fine di molte cose ed esperienze, si sprecano opinioni di intellettuali ex-sessantottini ed ex-settantasettini da bestseller Feltrinelli che straparlano a proposito della fine delle loro illusioni, l'imperialismo e la reazione (che nel frattempo hanno acquisito la lezione internazionalista del movimento operaio) continuano la loro opera e il loro incessante, infaticabile lavoro.

 

In Messico, come in Italia, come in tutto il mondo la congiuntura attuale é: precarizzazione del lavoro e distruzione dei contratti collettivi; privatizzazione dei servizi pubblici o loro dequalificazione forzata; erosione sistematica del potere di acquisto delle classi lavoratrici; offensiva imperialista militare, politica ed economica da parte dei paesi tecnologicamente avanzati e svendita dei lavoratori, da parte di tutte le oligarchie nazionali alle esigenze dell'accumulazione capitalistica multinazionale. Da noi, in Italia, per imporre il paradigma socio-economico neoliberista ci sono i manganelli del centro-sinistra, in Messico si incontra la guerra a bassa intensità (6).

In Messico vi sono ampi settori sociali che stanno lottando per difendersi da questa aggressione economica e militare, sono i maestri delle scuole metropolitane e di quelle sperdute nella selva, sono i popoli indigeni (che di professione non fanno gli indigeni ma lavorano nei campi), sono gli operai, sono i campesinos, sono gli autotrasportatori della capitale...

Molti di questi compagni e compagne hanno scelto la lotta aperta e legale (senza che ciò li abbia risparmiati dalla repressione), molti altri hanno imbracciato le armi e scelto la clandestinità. Gli uni e gli altri si rispettano profondamente perché della presenza di entrambi vi é necessità. Ma soprattutto c’é bisogno di unità.

Questa unità necessaria del movimento messicano viene oggi sacrificata di fronte al settario mito interclassista della società civile. Ma mentre la società civile appare come una astratta fantasia (con il sapore della frode) la lotta dei compagni dell'EZLN e delle sue basi di appoggio, la lotta dell'EPR e delle comunità che lo sostengono, la lotta del movimento magisteriale, campesino, indio, l’autorganizzazione che i quartieri marginali e affamati della capitale si stanno dando sono cosa reale, materiale, palpabile. Sono l'espressione organizzata (fantasiosamente organizzata) di una classe sociale che si difende e combatte contro un’altra.

Mentre la società civile ostenta una idealista non-violenza gli ufficiali maschi della repressione se ne sciacquano i genitali. Il Chiapas, il suo assedio, la guerra a bassa intensità che avanza, poi si ferma (magari in occasione di qualche consulta della società civile) e poi avanza ancora, l’FBI che addestra gli sbirri messicani da Città del Messico alla provincia, la crema dell'esercito federale ammaestrata nella “Escuela de las Americas” a Fort Bening negli Stati Uniti, tutti questi fatti stanno là a testimoniarlo. Fra l’altro, occultare tutte le contraddizioni del Messico e ridurle alla questione dell'autonomia indigena, isolare i movimenti che contro tali contraddizioni sono insorti, censurarli e reprimerli in sordina sono esattamente le strategie che il governo di Zedillo sta intelligentemente attuando. In tutto ciò enormemente facilitato dall'atteggiamento superficiale o settario a cui abbiamo già accennato e dal contributo che questo atteggiamento conferisce alla disorganizzazione generale e alla regionalizzazione: ad uso e consumo diretto del centro-sinistra mondiale ed indiretto del neoliberismo.

Questa situazione di grande isolamento reciproco, di mancanza di unità, é fallimentare ed é sostenuta anche da chi, come il PRD (o meglio, il ceto politico-imprenditoriale progressista che lo dirige) sta godendo dei risultati della lotta di qualcun altro: "...senza il sollevamento armato zapatista nel 1¡ gennaio 1994 e senza la insurrezione armata del PDPR-EPR data a conoscere il 28 giugno 1996, nessun dialogo, nessuna apertura né riforma politica si sarebbe aperta nel nostro paese. Non nei gradi e nel tempo in cui detto processo si é dato..." (7). La politica delle "sacche di resistenza" che si rispettano e si guardano ma non si organizzano e non si coordinano é già fallita nei fatti. Fare i conti con questa realtà non significa sostenere che l'EZLN é fallito, perché non lo é affatto (e se lo fosse verrebbe a mancare una parte consistente del movimento rivoluzionario messicano). Questa coscienza non corrisponde nemmeno all'irrefrenabile voglia di portare un'altra bandiera, di gridare un'altra sigla o di scovare un altro comandante di cui innamorarsi. Si tratta piuttosto di aprire un canale contro-informativo serio ed attento, non settario, che permetta un contatto teorico e fattivo con la realtà messicana e con tutto il suo movimento.

Potrebbe essere compresa meglio e non ignorata la recente proposta che l'EPR ha rivolto a tutte le forze popolari (in armi e non) per lanciare una campagna insurrezionale per una nuova costituzione, una nuova assemblea costituente, un nuovo progetto di società. Già ma forse é una proposta troppo “vecchia” quella di strappare il potere ai potenti e vedere la partecipazione unitaria di un'enorme movimento popolare fatto di campesinos, indios, lavoratori stanchi di subire repressione e sfruttamento, alla costruzione di quell'alternativa economica politica e sociale a cui accenna lo stesso comandante Marcos (8).

Il capitalismo, anch'esso molto vecchio e sempre coerente coi propri cicli passati, sta progressivamente ri-trasformando le classi lavoratrici in pura carne da produzione-valorizzazione-consumo oltreché da cannone. Storia vecchia, appunto.

Vi é, per concludere, un altro fatto non secondario di cui bisogna tenere conto, e cioé che alle richieste di cambiamento radicale (non certo a quello democratico-umanitario dei centro-sinistra e rispettive “società civili”) il sistema, il capitalismo neoliberista risponde in modo vecchio, in realtà nell'unico modo con cui pu” rispondere: militarmente; il movimento messicano, senza un coordinamento che sia anche militare, rischia gravemente di essere sopraffatto e disarticolato. Ed in questo momento l'EZLN, che ha il suo nucleo politico-militare-sociale localizzato in una precisa regione, é una "sacca di resistenza" che si sta cacciando in un "cul de sac" blindato e mortale.

Negli ultimi due anni la situazione appare dunque contraddittoria: da una parte il movimento zapatista si é fortemente regionalizzato dall'altra ha guadagnato una grande considerazione internazionale e l'appoggio diretto del PRD a livello nazionale. Le grandi manifestazioni che in questi due anni hanno portato in piazza milioni di persone in tutto il mondo hanno rappresentato una grande dimostrazione di solidarietà al popolo chiapaneco e all'EZLN (ponendo all'ordine del giorno una rinascita dell'internazionalismo); ma contemporaneamente hanno contribuito a consolidare questo processo di regionalizzazione dello stesso movimento zapatista e, più in generale, di contraddizioni che non sono regionalizzabili né sul piano nazionale messicano né a livello internazionale.

 Tuttavia qualcosa si sta muovendo: l'ultimo incontro EZLN-società civile del novembre 1998 era meno “blindato” del solito, vi hanno partecipato anche forze organizzate e attive in 19 stati messicani come il FAC-MLN (coordinamento di organizzazioni prevalentemente campesine) in passato sempre escluse; ed il comandante Marcos, nelle sue ultime dichiarazioni, sembra non disprezzare piœ come un tempo la mano tesa dall'EPR. Forse sta cominciando una verifica della strategia “civilista”, che in quasi quattro anni non ha modificato alcunché i rapporti di forza tra comunità indigene, comunità campesine, operai, sottoproletari e governo-esercito. Non li ha modificati perché la società civile non é un movimento organizzato. Al massimo, quello che pu” offrire, é un sostegno di tipo democratico-progressista per la difesa dei diritti umani.  

 

Con questo dossier vorremmo introdurre elementi nuovi e critici che possano rompere il silenzio settario che avvolge il Messico e contemporaneamente, essendo questo paese legato attraverso vari fili politici al nostro (9), segnalare la totale assenza di progetto e prospettiva che porta con sé il “civilismo” o società civile che dir si voglia.

 

NOTE

(1) controllato dal Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), partito di centro sinistra all’opposizione concertativa in Parlamento, al governo nel Distretto Federale (Città del Messico).

(2) Raul Alverez Garin, membro del PRD ed ex-leader del 68’ messicano, dice del suo partito: “...Il PRD si é trasformato in un partito autocompiacente (...) la Rivoluzione Democratica implica una trasformazione nazionale, che renda protagonisti i settori operai e contadini. Non si tratta di una modificazione cosmetica o superficiale...”. Alvarez Garin, nella sua intervista rilasciata alla rivista Proceso (n.1155, 20 dicembre 1998) continua nella critica evidenziando il personalismo di Cardenas (cudillo del partito) nonché la politica negoziale che ha prediletto accordi di vario tipo con il PAN (destra conservatrice), con il PRI e con lo stesso governo ed ha escluso l’organizzazione delle forze sociali. Critica inoltre le modificazioni apportate alle concezioni originarie, che l’ultimo congresso nazionale ha trasformato in “...visioni semplificatorie...”

(3) La Jornada, luned“ 14 dicembre 1998.

(4) In Messico l’aborto é illegale.

(5) In Messico tutte le centrali sindacali sono corporative, cioé controllate direttamente da governo e padronato.

(6) Studiando il manuale da campo statunitense (che possiamo fornire a chi fosse interessato) ove si definisce operativamente il conflitto a bassa intensità ci si pu” bene rendere conto che anche in Italia, negli anni 60’ e 70’ é stata implementata una guerra simile. Le stragi italiane di quegli anni, realizzate da gruppi paramilitari neofascisti, sostenuti dalla NATO e coperti da ampi strati dell’Esercito, di Polizia e Carabinieri, e dei governi democristiani, hanno come sostanziale differenza, rispetto ai massacri di Aguas Blancas e Acteal quella di essere avvenuti in città anziché nella selva. Identica invece la totale impunità totale dei responsabili.

(7) Comandante José Arturo (Comandancia General-EPR). Pueblo de la Esperanza, Sierra Madre Oriental, Mexico

4 febbraio 1998.

(8) "...Il grande potere mondiale pu” tollerare un governo di sinistra in una qualche parte del mondo, sempre che, e quando, questo governo non prenda decisioni che contraddicono le disposizioni dei centri finanziari mondiali. Ma in nessuna maniera tollererà una alternativa di organizzazione economica, politica e sociale si consolidi..." (comandante Marcos, La quarta guerra mondiale é cominciata, 1997, ed.Manifesto).

(9) Il più inquietante di tutti é la grande amicizia tra D’Alema e Cardenas (leader del PRD), nonché le strette relazioni ed affinità che intercorrono tra i partiti dei due satrapi.

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