IL
MESSICO sta in CHIAPAS
o
il CHIAPAS sta in MESSICO?
Lo scopo di questo dossier é quello di informare, o meglio di contro-informare se consideriamo che l’informazione é quasi totalmente controllata da gruppi di potere economico e politico. E’
un dossier abbastanza agile che certo non ha la pretesa di esaurire tutto quello
che ci sarebbe da sapere e da dire sulla situazione che presenta. Abbiamo
fatto una scelta che, vorremmo precisarlo, non deriva da posizioni settarie.
Combattere contro il settarismo é proprio una delle ragioni che in generale ci
muovono e che in particolare hanno portato alla realizzazione del presente. La
scelta che abbiamo fatto é di non avere incluso, in questo lavoro, informazioni
o traduzioni di documenti di una tra le piœ importanti organizzazioni
messicane, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale. La ragione é molto
semplice: le attività dell'EZLN e la vita delle comunità indigene del Chiapas
sono già abbondantemente e frequentemente seguite da “Il Manifesto”,
“Liberazione”, da molti comitati e associazioni, nonché da una bibliografia
molto ampia. Abbiamo
preferito quindi concentrare il lavoro di contro-informazione su quelle realtà
sociali, di movimento ed organizzazioni che per una ragione o per l’altra sono
e continuano ad essere indebitamente e vergognosamente censurate alla luce della
vastità geografica e sociale che presentano. Alcuni
dei lettori rimarranno sorpresi, probabilmente, nel sapere che la bestiale
repressione imperialista messa in atto dalla guerra a bassa intensità é cosa
che si dà in svariati stati messicani e che il Chiapas, fortunatamente per i
compagni che l’ lottano, non é l’unico focolaio di ribellione e di lotta. Perché
anche il maggior quotidiano “indipendente” messicano “La Jornada” (1)
pubblica quasi quotidianamente informazioni dal Chiapas e quasi ignora quello
che succede negli altri stati? Perché il Partito della Rivoluzione Democratica
abbandona pressocché a se stessi i propri prigionieri politici? perché anche
il Comando Generale dell'’EZLN, che gode di un ampio potere mediatico, non
ricambia la solidarietà che le organizzazioni campesine e indie, i sindacati
indipendenti ed autorganizzati e, non ultimo l’Esercito Popolare
Rivoluzionario (EPR) sempre hanno offerto alla lotta in Chiapas? Perché anche
qui in Italia, si vuole ridurre al Chiapas un conflitto sociale che ha un
respiro nazionale messicano, quando non internazionale? Vediamo di rispondere,
serenamente, a queste domande di importanza cruciale. 1-Parlare
delle condizioni sociali di stati messicani come Oaxaca, Guerrero, Hidalgo,
Michoacan, Veracruz, significherebbe parlare delle violazioni dei diritti umani
che li si danno e di conseguenza parlare delle organizzazioni, prevalentemente
campesine e indigene, che tali violazioni subiscono. Meglio fare finta di
niente, meglio glissare... 2-Per
ciò che riguarda il PRD, non é un partito monolitico. E’
diretto da una cupola di ceto politico borghese ed é sostenuto, specialmente
fuori della capitale, da una base militante combattiva. I suoi esponenti nelle
zone rurali sono integranti di organizzazioni campesine radicali che si sono
inseriti nel PRD per conquistarsi un riparo dalla repressione dello stato. In
molti casi la repressione é arrivata comunque. Cos’ mentre la cupola
capitolina segue privatizzando i servizi pubblici ed incontra tutto il mondo
democratico-progressita, non si mette a punto nemmeno una campagna nazionale per
scarcerare, quanto meno, i propri prigionieri politici: sono compagni scomodi,
ma soprattutto lottano in Oaxaca, Guerrero, Michoacan...(2) 3-Crediamo
che una delle ragioni per cui non si costruiscono rapporti di solidarietà
reciproca con tutte le forme di lotta (armata e non armata) che si stanno dando
fuori dal Chiapas é che queste non rientrano esattamente nell’alveo di questo
nuovo progetto di una non meglio definita SOCIETA’ CIVILE. Ma
che cos’é la società civile? Tutti siamo società civile. Ce lo dice il
comandante Marcos convocando una consulta nazionale per il 21 marzo 1999:
“...Se sei messicano o messicana, idigeno, campesino, operaio, colono,
occupato, disoccupato, handicappato, artista, intellettuale, scienziato,
religioso, artigiano, imprenditore, lesbica, omosessuale, sieropositivo,
militante di una organizzazione sociale o politica, commerciante, studente,
maestro, sindacalista, membro di una organizzazione non governtiva,
ambientalista, bambino, bambina, giovane, anziano, uomo o donna (...) non
importa il lavoro che fai, la tua posizione sociale, militanza politica...”,
etc. (3). Suggeriamo
di ri-consultare la pagina precedente, il passaggio qui sopra citato potrebbe
allora essere cos“ interpretato: non importa se sei un imprenditore, ti
troverai a fianco dei tuoi operai a cui succhi il sangue, non importa se sei
fervente cattolico e sei contro l’aborto ti troverai a fianco di una lesbica
femminista (4), non importa che tu sia ricco sfondato, ti troverai a fianco dei
poverelli, non importa che tu sia funzionario di un sindacato corporativo (5) ti
troverai al fianco degli iscritti che quotidianamente tradisci e prendi per il
culo, non importa se ti arricchisci commerciando il caffé che i campesinos con
sudore e fatica producono, ti troverai al loro fianco in questa meravigliosa
famiglia che é la società civile democratica (tanto si sa, dopo l’89 le
classi sociali non esistono piœ...). E
mentre qui si chiacchera sulla (presunta) fine di molte cose ed esperienze, si
sprecano opinioni di intellettuali ex-sessantottini ed ex-settantasettini da
bestseller Feltrinelli che straparlano a proposito della fine delle loro
illusioni, l'imperialismo e la reazione (che nel frattempo hanno acquisito la
lezione internazionalista del movimento operaio) continuano la loro opera e il
loro incessante, infaticabile lavoro. In
Messico, come in Italia, come in tutto il mondo la congiuntura attuale é:
precarizzazione del lavoro e distruzione dei contratti collettivi;
privatizzazione dei servizi pubblici o loro dequalificazione forzata; erosione
sistematica del potere di acquisto delle classi lavoratrici; offensiva
imperialista militare, politica ed economica da parte dei paesi tecnologicamente
avanzati e svendita dei lavoratori, da parte di tutte le oligarchie nazionali
alle esigenze dell'accumulazione capitalistica multinazionale. Da noi, in
Italia, per imporre il paradigma socio-economico neoliberista ci sono i
manganelli del centro-sinistra, in Messico si incontra la guerra a bassa
intensità (6). In
Messico vi sono ampi settori sociali che stanno lottando per difendersi da
questa aggressione economica e militare, sono i maestri delle scuole
metropolitane e di quelle sperdute nella selva, sono i popoli indigeni (che di
professione non fanno gli indigeni ma lavorano nei campi), sono gli operai, sono
i campesinos, sono gli autotrasportatori della capitale... Molti
di questi compagni e compagne hanno scelto la lotta aperta e legale (senza che
ciò li abbia risparmiati dalla repressione), molti altri hanno imbracciato le
armi e scelto la clandestinità. Gli uni e gli altri si rispettano profondamente
perché della presenza di entrambi vi é necessità. Ma soprattutto c’é
bisogno di unità. Questa
unità necessaria del movimento messicano viene oggi sacrificata di fronte al
settario mito interclassista della società civile. Ma mentre la società civile
appare come una astratta fantasia (con il sapore della frode) la lotta dei
compagni dell'EZLN e delle sue basi di appoggio, la lotta dell'EPR e delle
comunità che lo sostengono, la lotta del movimento magisteriale, campesino,
indio, l’autorganizzazione che i quartieri marginali e affamati della capitale
si stanno dando sono cosa reale, materiale, palpabile. Sono l'espressione
organizzata (fantasiosamente organizzata) di una classe sociale che si difende e
combatte contro un’altra. Mentre
la società civile ostenta una idealista non-violenza gli ufficiali maschi della
repressione se ne sciacquano i genitali. Il Chiapas, il suo assedio, la guerra a
bassa intensità che avanza, poi si ferma (magari in occasione di qualche
consulta della società civile) e poi avanza ancora, l’FBI che addestra gli
sbirri messicani da Città del Messico alla provincia, la crema dell'esercito
federale ammaestrata nella “Escuela de las Americas” a Fort Bening negli
Stati Uniti, tutti questi fatti stanno là a testimoniarlo. Fra l’altro,
occultare tutte le contraddizioni del Messico e ridurle alla questione
dell'autonomia indigena, isolare i movimenti che contro tali contraddizioni sono
insorti, censurarli e reprimerli in sordina sono esattamente le strategie che il
governo di Zedillo sta intelligentemente attuando. In tutto ciò enormemente
facilitato dall'atteggiamento superficiale o settario a cui abbiamo già
accennato e dal contributo che questo atteggiamento conferisce alla
disorganizzazione generale e alla regionalizzazione: ad uso e consumo diretto
del centro-sinistra mondiale ed indiretto del neoliberismo. Questa
situazione di grande isolamento reciproco, di mancanza di unità, é
fallimentare ed é sostenuta anche da chi, come il PRD (o meglio, il ceto
politico-imprenditoriale progressista che lo dirige) sta godendo dei risultati
della lotta di qualcun altro: "...senza il sollevamento armato zapatista
nel 1¡ gennaio 1994 e senza la insurrezione armata del PDPR-EPR data a
conoscere il 28 giugno 1996, nessun dialogo, nessuna apertura né riforma
politica si sarebbe aperta nel nostro paese. Non nei gradi e nel tempo in cui
detto processo si é dato..." (7). La politica delle "sacche di
resistenza" che si rispettano e si guardano ma non si organizzano e non si
coordinano é già fallita nei fatti. Fare i conti con questa realtà non
significa sostenere che l'EZLN é fallito, perché non lo é affatto (e se lo
fosse verrebbe a mancare una parte consistente del movimento rivoluzionario
messicano). Questa coscienza non corrisponde nemmeno all'irrefrenabile voglia di
portare un'altra bandiera, di gridare un'altra sigla o di scovare un altro
comandante di cui innamorarsi. Si tratta piuttosto di aprire un canale
contro-informativo serio ed attento, non settario, che permetta un contatto
teorico e fattivo con la realtà messicana e con tutto il suo movimento. Potrebbe
essere compresa meglio e non ignorata la recente proposta che l'EPR ha rivolto a
tutte le forze popolari (in armi e non) per lanciare una campagna insurrezionale
per una nuova costituzione, una nuova assemblea costituente, un nuovo progetto
di società. Già ma forse é una proposta troppo “vecchia” quella di
strappare il potere ai potenti e vedere la partecipazione unitaria di un'enorme
movimento popolare fatto di campesinos, indios, lavoratori stanchi di subire
repressione e sfruttamento, alla costruzione di quell'alternativa economica
politica e sociale a cui accenna lo stesso comandante Marcos (8). Il
capitalismo, anch'esso molto vecchio e sempre coerente coi propri cicli passati,
sta progressivamente ri-trasformando le classi lavoratrici in pura carne da
produzione-valorizzazione-consumo oltreché da cannone. Storia vecchia, appunto. Vi
é, per concludere, un altro fatto non secondario di cui bisogna tenere conto, e
cioé che alle richieste di cambiamento radicale (non certo a quello
democratico-umanitario dei centro-sinistra e rispettive “società civili”)
il sistema, il capitalismo neoliberista risponde in modo vecchio, in realtà
nell'unico modo con cui pu” rispondere: militarmente; il movimento messicano,
senza un coordinamento che sia anche militare, rischia gravemente di essere
sopraffatto e disarticolato. Ed in questo momento l'EZLN, che ha il suo nucleo
politico-militare-sociale localizzato in una precisa regione, é una "sacca
di resistenza" che si sta cacciando in un "cul de sac" blindato e
mortale. Negli
ultimi due anni la situazione appare dunque contraddittoria: da una parte il
movimento zapatista si é fortemente regionalizzato dall'altra ha guadagnato una
grande considerazione internazionale e l'appoggio diretto del PRD a livello
nazionale. Le grandi manifestazioni che in questi due anni hanno portato in
piazza milioni di persone in tutto il mondo hanno rappresentato una grande
dimostrazione di solidarietà al popolo chiapaneco e all'EZLN (ponendo
all'ordine del giorno una rinascita dell'internazionalismo); ma
contemporaneamente hanno contribuito a consolidare questo processo di
regionalizzazione dello stesso movimento zapatista e, più in generale, di
contraddizioni che non sono regionalizzabili né sul piano nazionale messicano né
a livello internazionale. Tuttavia
qualcosa si sta muovendo: l'ultimo incontro EZLN-società civile del novembre
1998 era meno “blindato” del solito, vi hanno partecipato anche forze
organizzate e attive in 19 stati messicani come il FAC-MLN (coordinamento di
organizzazioni prevalentemente campesine) in passato sempre escluse; ed il
comandante Marcos, nelle sue ultime dichiarazioni, sembra non disprezzare piœ
come un tempo la mano tesa dall'EPR. Forse sta cominciando una verifica della
strategia “civilista”, che in quasi quattro anni non ha modificato alcunché
i rapporti di forza tra comunità indigene, comunità campesine, operai,
sottoproletari e governo-esercito. Non li ha modificati perché la società
civile non é un movimento organizzato. Al massimo, quello che pu” offrire, é
un sostegno di tipo democratico-progressista per la difesa dei diritti umani. Con
questo dossier vorremmo introdurre elementi nuovi e critici che possano rompere
il silenzio settario che avvolge il Messico e contemporaneamente, essendo questo
paese legato attraverso vari fili politici al nostro (9), segnalare la totale
assenza di progetto e prospettiva che porta con sé il “civilismo” o società
civile che dir si voglia. NOTE (1)
controllato dal Partito della Rivoluzione Democratica (PRD), partito di centro
sinistra all’opposizione concertativa in Parlamento, al governo nel Distretto
Federale (Città del Messico). (2)
Raul Alverez Garin, membro del PRD ed ex-leader del 68’ messicano, dice del
suo partito: “...Il PRD si é trasformato in un partito autocompiacente (...)
la Rivoluzione Democratica implica una trasformazione nazionale, che renda
protagonisti i settori operai e contadini. Non si tratta di una modificazione
cosmetica o superficiale...”. Alvarez Garin, nella sua intervista rilasciata
alla rivista Proceso (n.1155, 20 dicembre 1998) continua nella critica
evidenziando il personalismo di Cardenas (cudillo del partito) nonché la
politica negoziale che ha prediletto accordi di vario tipo con il PAN (destra
conservatrice), con il PRI e con lo stesso governo ed ha escluso
l’organizzazione delle forze sociali. Critica inoltre le modificazioni
apportate alle concezioni originarie, che l’ultimo congresso nazionale ha
trasformato in “...visioni semplificatorie...” (3)
La Jornada, luned“ 14 dicembre 1998. (4)
In Messico l’aborto é illegale. (5)
In Messico tutte le centrali sindacali sono corporative, cioé controllate
direttamente da governo e padronato. (6)
Studiando il manuale da campo statunitense (che possiamo fornire a chi fosse
interessato) ove si definisce operativamente il conflitto a bassa intensità ci
si pu” bene rendere conto che anche in Italia, negli anni 60’ e 70’ é
stata implementata una guerra simile. Le stragi italiane di quegli anni,
realizzate da gruppi paramilitari neofascisti, sostenuti dalla NATO e coperti da
ampi strati dell’Esercito, di Polizia e Carabinieri, e dei governi
democristiani, hanno come sostanziale differenza, rispetto ai massacri di Aguas
Blancas e Acteal quella di essere avvenuti in città anziché nella selva.
Identica invece la totale impunità totale dei responsabili. (7)
Comandante José Arturo (Comandancia General-EPR). Pueblo de la Esperanza,
Sierra Madre Oriental, Mexico 4
febbraio 1998. (8)
"...Il grande potere mondiale pu” tollerare un governo di sinistra in una
qualche parte del mondo, sempre che, e quando, questo governo non prenda
decisioni che contraddicono le disposizioni dei centri finanziari mondiali. Ma
in nessuna maniera tollererà una alternativa di organizzazione economica,
politica e sociale si consolidi..." (comandante Marcos, La quarta guerra
mondiale é cominciata, 1997, ed.Manifesto). (9)
Il più inquietante di tutti é la grande amicizia tra D’Alema e Cardenas
(leader del PRD), nonché le strette relazioni ed affinità che intercorrono tra
i partiti dei due satrapi. |