29.09.97
Intervista alle donne dell'EPR (da un settimanale)

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LA PRESENTE INTERVISTA E QUELLA CON LE DONNE MILITANTI DELL’EPR SONO TRATTE DALLA RIVISTA MESSICANA “UNA-REVISTA DE LAS MUJERES EN LA CULTURA”

supplemento al numero 6, 1998.

 

Intervista con la tenente “Adela”

(Comando Generale-EPR)

 

-Qual’e’ la sua funzione specifica all’interno dell’Esercito Popolare Rivoluzionario?

 

-La mia funzione principale é realizzare il lavoro di educazione politica col popolo, con le comunità del EPR-PDPR come con quelli che non sono la nostra base politica ma che desiderano avvicinarsi a noi. Questa é una delle funzioni principali dell’EPR. Prepararci e preparare il popolo militarmente e politicamente perche’ si possa difendere dalla repressione del governo.

 

-Pensa che sia piu’ difficile, come donna, partecipare ad un sollevamento armato?

 

-Sì, sicuramente. Dentro alle colonne dell’EPR, la partecipazione e’ prevalentemente maschile, questo non significa che le compagne non desiderino partecipare, ma sempre ci sone delle cose che ci impegnano a casa: i bambini, i pranzi da preparare, l’educazione. Quindi sì, é più difficile. Nell’EPR e nel partito, non ci sono differenze, di fatto una parte dell’educazione e della formazione politica che riceviamo riguarda l’eguaglianza, precisamente tra uomini e donne. Abbiamo le stesse capacità , le stesse possibilità e abilità, sempre e quando noi desideriamo ottenerle. Effettivamente é stato un lavoro difficile perché, a volte, i compagni mantengono questa cultura radicata, che é il macismo, con questo sentimento di superiorità. Tuttavia, bisogna lavorare con loro e rendersi conto che sì, si può. Tutte loro (all’intervista sono presenti anche altre compagne) sono compagne e si sono inserite nella lotta politica, nel processo che stiamo vivendo in Messico nelle sue diverse forme. Oggi sono qui, domani possono cercare di fermare l’esercito o formare una milizia di autodifesa, tutte siamo preparate per questo.

 

-Da quando si é data l’insurrezione dell’EPR, dopo il massacro di Aguas Blancas, vi siete fatti chiamare un moviento di autodifesa. E’ stato così sin dal principio?

 

-Fondamentalmente sì, perché se ripercorriamo la storia recente del nostro paese, abbiamo sempre vissuto momenti di repressione che il governo ha scatenato contro il popolo, contro le sue organizzazioni aperte e pacifiche. Questo ha fatto sì che il popolo si sia organizzato e abbia preso le armi. Così la repressione é ciò che ci porta alla autodifesa armata. La ingiustizia, la miseria, la disuguaglianza, la repressione, i desaparecidos, l’autoritarismo, la mancanza di rispetto per le libertà politiche sono le cause contro le quali lottiamo tutti i giorni, sia in zone urbane che rurali.

 

-L’EPR é concentrato in una sola zona della Repubblica Messicana?

 

-No, ed é stato detto in differenti organi d’informazione. Il nostro partito é presente in praticamente tutto il paese e in alcune zone si é maggiormente sviluppato. Le condizioni di povertà e ingiustizia hanno determinato la nostra crescita. Forse é minore in alcuni luoghi, però in quasi tutto il territorio nazionale abbiamo una struttura partitaria e militare.

 

-L’EPR ha un progetto a breve termine?

 

-Realizzare un nuovo governo, dato che questo dimostra ogni giorno di piœ di essere separato dal popolo messicano. Questo non é un governo nostro e non potrà andare avanti come nostro governo. A medio termine, i nostri obiettivi si riassumono nei quatttro punti che abbiamo fatto conoscere come “nuovo progetto di nazione”. Un nuovo governo democratico e provvisorio in quanto é un processo che dovrà continuare. Ancora non stiamo parlando di un trionfo pieno, ma di un processo che convochi una nuova Costituente per preparare una nuova Costituzione. Abbiamo controllato l’attuale e sicuramente non serve ai messicani, non ci é utile, non ci protegge. Quindi si deve emanare una nuova Costituente che comprenda veramente i diritti e le necessità degli oltre 65.000.000 di messicani che vivono nella povertà e nella miseria estrema. Allo stesso modo si deve avanzare verso un ordine economico giusto, anche se non parliamo di uguaglianza piena ma di una distribuzione della ricchezza piœ equa.

 

-Esiste la speranza di un cambiamento nel paese che conduca verso una reale transizione democratica, che garantisca la giustizia e l’eguaglianza attraverso una via pacifica, o passerà per la lotta armata?

 

-Se parliamo di desideri, di buone intenzioni e di speranze vorremmo che questa via fosse paifica, ma non può essere così. E non lo diciamo noi, lo dicono i fatti accaduti in questo paese, lo dice Aguas Blancas, lo dice Jalisco, lo dice Chihuahua, lo dice Chiapas, lo grida Oaxaca, Guerrero, si può ascoltare da tutte le parti. Noi non siamo quelli che dicono che non vi può essere una via pacifica, vorremmo che fosse tale, però qui intorno stanno i morti di un popolo indifeso che non ha piœ altra alternativa che lasciarsi massacrare. Che altro può fare quando arrivano i gruppi paramilitari o l’esercito federale o le guardie bianche? Quindi é il governo che rende dolorosa questa transizione democratica, che la rende dura, che la rende difficile. Il governo dovrebbe renderla semplice; non gli interessa farlo? Allora questo compito spetta al popolo.

 

-Fino a quando l’EPR é disposto a lottare?

 

-Non abbiamo intenzione di abbandonare il nostro progetto di paese né il nostro progetto politico, né le proposte, né le armi, continueremo sino a che non otterremo ciò che vogliamo.

 

-Avete avviato un dialogo con le autorità governativa?

 

-Mai.

 

-Avete qualche vincolo con l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale?

 

-No. Vincolo politico in quanto organizzazioni no. Rispettiamo le forme di lotta che hanno sviluppato nelle proprie comunità. C’é rispetto e questo é un esempio da seguire per tutti i compiti che dobbiamo sviluppare. Però non c’é un vincolo stabilito.

 

-Come riesce a stare con la sua famiglia e allo stesso tempo a lottare?

 

-La mia lotta é la lotta di tutti, e per potere stare qui faccio lo stesso di tutte le compagne, per esempio ora loro sono qui ed i bambini non ci sono, qualcuno si responsabilizza per loro. Si richiede che tutta la famiglia partecipi perché una compagna sola, difficilmente potrebbe stare qui senza l’appoggio del suo compagno. Si condivide tutto. La famiglia é sensibile, comprende e quindi partecipa. Questo é il ruolo della famiglia: appoggiarci perché noi possiamo svolgere il nostro lavoro fuori dal “focolare”.

 

 

Intervista con le donne militanti dell’EPR.

mentre si svolgeva l’intervista con la tenente Adela decine di donne indigene, vestite con ampie nahuas e huaraches (gonne e sandali), e con il viso coperto da un fazzoletto, preparano tortillas e gorditas di mais. Tutte dichiarano di essere militanti eperriste e solo qualcuna parla spagnolo.

 

 

-Perché vi siete integrate nel movimento?

 

-Per tutte le ingiustizie che sono state commesse contro il popolo, perché il governo non si é premurato di fare giustizia. Ci stiamo organizzando, ci stiamo preparando perché non vogliamo che succeda come in Chiapas.

 

-Come partecipate nell’EPR?

 

-Nella lotta popolare, la nostra partecipazione si concentra nelle marce e nei picchetti.

 

-Siete donne di tutte le età. Tutte voi siete sposate, avete bambini?

 

-Sì, tutte siamo sposate e tutte abbiamo bambini. Siamo coscienti che é necessario partecipare alla lotta, perché pensiamo ai nostri bambini e non vogliamo che dentro al processo della nostra lotta loro debbano soffrire la tortura, la repressione, la fame e la miseria che stiamo vivendo.

 

-I bambini partecipano? In che modo lo fanno? Vi separate da loro, nascondete la vostra attività?

 

-La verità é che loro sanno come partecipiamo alla lotta, perché i piœ grandi già ricevono un’educazione da noi. Loro vedono dove andiamo, alle marcie o ai picchetti e anche loro ci seguono. Stanno partecipando con noi i piœ grandi perché anche loro lo necessitano.

 

- In questa comunità avete un medico, la scuola e altri servizi?

 

-Abbiamo una scuola, però un solo maestro li segue dal primo al sesto grado, arriva alle nove e se ne va molto presto, e così i bambini non hanno il tempo di apprendere niente. Per andare alla scuola secondaria devono camminare per due ore, perciò noi ci alziamo prestissimo, verso le quattro della mattina, per preparargli la colazione. La secondaria é molto distante da qui e non c’é altro modo per spostarsi. C’é un sentiero, c’é una strada, ma non c’é il pulmino e non gli rimane altro da fare che camminare. Non abbiamo soldi per farli studiare, dobbiamo pagare la scuola e i libri, e come li paghiamo se dobbiamo lavorare nella milpa (campo coltivato a mais)? Abbiamo un ambulatorio però non ci sono le medicine, non c’é il dottore. C’é una infermiera che si occupa solamente di pianificazione familiare. L’infermiera, quando viene, non ci segue bene. Arriva e non fa altro che parlarci della pianificazione familiare. Noi donne abbiamo sollecitato il governo perché asfaltasse le strade, portasse l’acqua potabile e ci fornisse le medicine per la clinica, ma non ci ha dato niente. Abbiamo un po’ d’acqua di sorgente ma abbiamo molte difficoltà per trasportarla.

 

 

-E quando qualcuna di voi si ammala come fate?

 

-A volte sono sufficienti le erbe medicinali. Spesso non sono bastano e così dobbiamo raggiungere la comunità vicina, camminando molto. Spesso però anche là non troviamo cura.

 

-Qual’é la vostra alimentazione?

 

-Il mais, il chile (peperoncino) ed i fagioli, quando ci sono. Perché qui ne abbiamo pochi di fagioli e li usiamo per le feste. Senza sale. Ogni anno mangiamo un maiale. Abbiamo cilantro e pàpalo (due tipi di spezie). Non abbiamo latte, non ci sono mercati dove andare, e se anche ci fossero non abbiamo denaro.E’ poco anche il latte materno. Ciò che raccogliamo dalla milpa basta a malapena per noi, quando ci basta.

 

-Avete ottunuto un sostegno dal programma “Solridaridad”?

 

-Varie volte ci hanno ingannato, ci hanno detto che ci avrebbero dato un sostegno, non lo abbiamo mai ottenuto.

 

-Nelle precedenti elezioni avete votato?

 

-Tutte andammo a votare e il governo ci disse che se non fossimo andate a votare non ci avrebbero aiutato. Noi votammo ma non ricevemmo nessun sostegno. Magari il governo si ricordasse di aiutarci con i programmi che dice sono per il popolo, per esempio il “Progreso”. Magari toccasse a tutti e a tutte di godere di questi programmi. In alcuni casi gli aiuti sono arrivati alle comunità, ma solo per due o tre famiglie. Questo fa il governo, per creare problemi e divisioni tra di noi. Per questo noi siamo organizzati, per non permettere che ciò avvenga.

 

SIERRA MADRE ORIENTAL, HIDALGO,

FEBBRAIO 1998, REP. MEXICANA

 
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