Dang
Khan Thoai è il primo segretario dell’ambasciata vietnamita in Italia. Ad una
nostra domanda, in cui gli chiedevamo quali fossero le relazioni in Vietnam tra
il governo e le imprese delle multinazionali ci rispondeva: “non esistono
multinazionali in Vietnam”. Il s Le
condizioni favorevoli dell’appalto multinazionale
La
penetrazione nei Paesi dell’area ASEAN[1]
– l’esempio del Vietnam Incalziamo
il signor Thoai con domande sugli investimenti stranieri in Vietnam e le forme
della proprietà straniera. Ci dice che: “la legge vietnamita sugli
investimenti ha lo scopo di convogliare capitale straniero nel mercato
vietnamita, è la più vantaggiosa tra tutte le leggi sugli investimenti
stranieri della Regione”. Il vantaggio cui si riferisce il signor Thoai non è
per i vietnamiti ma per le imprese straniere. L’economia
vietnamita dal 1980 corre sul doppio binario dell’economia mista Stato +
mercato, e dove lo Stato ha il compito di assicurare al “mercato” tutte le
condizioni di appetibilità degli investimenti. Ci sono quindi imprese statali,
private e joint-ventures tra Stato e investitori stranieri in cui lo Stato
vietnamita mette la terra e il privato il 10% del capitale. I settori economici
prescelti dall’impresa privata sono l’industria e il turismo; il confronto
tra la situazione attuale degli investimenti e i progetti futuri (Tabella 2)
rileva un sostanziale abbandono delle concentrazioni industriali (Zone) a favore
della diffusione territoriale dell’industria, caratterizzata da minor
controllo statale. Lo Stato d’altro canto ha già decollettivizzato
l’agricoltura, abbandonato il controllo dei prezzi e la moneta (dong) è oggi
libera di svalutarsi (“flottare”) ai tassi di mercato. La stessa legislazione nonché la Costituzione dello Stato sono soggette a continui riaggiustamenti, per adeguarsi alle necessità concrete delle imprese private. In particolare la legge sugli investimenti stranieri del 1996 (vedi riquadro) dà priorità agli investimenti per l’export. Produrre in funzione dell’export significa ignorare i bisogni del Paese in funzione dei bisogni dei committenti, costruire un’economia che risponde ai bisogni del mercato esterno e quindi oltretutto dipendente dalle sue fluttuazioni. Sudcoreani e indonesiani hanno pagato cara, con enormi disparità sociali, l’applicazione di questo modello nei loro Paesi, modello che in una prima fase aveva migliorato le loro condizioni (alti salari e sviluppo reale) allo scopo di allontanare la possibilità che questi Paesi cadessero nell’orbita socialista. La
regolamentazione del lavoro
Economia
e politica La
CIA nel suo World Book 1997 parla del Vietnam come uno Stato “che ha fatto
significativi progressi negli anni recenti, staccandosi da un modello ad
economia pianificata per un sistema economico effettivamente basato sul
mercato”. Il Presidente Clinton omaggia il neo ambasciatore del Vietnam Le Van
Bang dicendo che “oggi Usa e Vietnam
condividono una vasta gamma di interessi e stanno cercando nuovi modi per
lavorare assieme come partner paritari alla ricerca delle nostre mete comuni”
e “il Vietnam ha dimostrato di essere
una grande promessa per la pianificazione di un importante ruolo nella sicurezza
della regione e nelle istanze economiche”. Se si considera la politica
degli USA verso la Cina, il Vietnam, Cuba o la Corea del Nord non si possono non
notare profonde differenze nonostante questi Paesi vengano tutti comunemente
aggregati nell’area ex-socialista: le lobbies investono in quei Paesi in cui
lo Stato è disposto a rinunciare ad ogni controllo sulla produzione e sulle
condizioni di lavoro, in cui cioè una classe burocratica al potere è più
disponibile[2]
a divenire compradora. I Paesi recalcitranti vengono invece sanzionati e
costretti passo-passo all’economia di mercato. Il ricatto dell’investimento
prima e della concessione di crediti poi, dà l’avvio ad una spirale che porta
di fatto i governi ad essere subordinati alle strategie delle multinazionali.
Dice sempre il signor Dang Khan Thoai: “Da quando i rapporti si sono
normalizzati si è aperto un grande spazio per la cooperazione economica con gli
USA. Molte società americane hanno guadagnato spazio sul mercato perché hanno
investito molto denaro nell’economia viertnamita. Oggi sono al terzo posto dei
grossi investitori.”. |